Paflasmòs

domenica 15 ottobre 2017

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09/10/17
32a Puntata:
Radio Pirata - la Radio nella Radio
presenta:

Puntata 32 Bastian Contrario 09.10
Bastian Contrario_Essere o non essere Madre
Radio Pirata - la Radio nella Radio in onda 
Lunedì ore 19.00 su www.yastaradio.com 
Lunedì ore 21.00 su Radio RCS 
(91.5fm Basso lago di Garda e 98.6fm Bassa Veronese e Lessinia)

in replica al Giovedì alle 11.00 su www.yastaradio.com
in replica la Domenica alle 23.00 su www.yastaradio.com

Bastiàn Contrario:
Essere
o non essere
Madre

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per il testo clicca l'immagine



Tornando alla mia lettera, potrei farcirla di dettagli più recenti, di cronache attuali, ma non ne cambierei la natura, anzi: probabilmente la farei apparire ancora più greve, quando in realtà, anche se per me così doloroso e irreversibile, questo fatto per quanto personale è e rappresenta la più grande e la più forte azione di protesta che io abbia mai compiuto nella mia Vita. 
[...] Potrei dire che il tronco, i rami, le gemme, le foglie, i fiori, i frutti e i semi sono gli effetti del seme di quello specifico albero che è stato piantato 15 anni fa, che so?, un melo.
Non mi servirà evocare quel seme o quel tronco ogni volta che nomino una gemma di melo, o dire che la mela che ho raccolto è l’effetto manifesto più significativo di quel seme piantato 15 anni fa, né che fiori, foglie, e rami possono essere tra loro misurabili tra minori e maggiori: la loro natura, sarà comunque quella del melo.

Essere o non essere Madre. 7 Maggio 2007

Oggi, dove vi porterò con il mio bordeggio? Da dove partiremo, ma soprattutto, dove approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?
Salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi...

Cari Pirati di Radio e Terra, oggi ho deciso di condividere con voi una cosa molto molto personale della mia Vita, una cosa che ho deciso di fare diversi anni fa, una cosa di quelle che segnano per sempre la propria Vita.
La lettera, perché di questo si tratta, è stata scritta proprio allora, nel 2007, il giorno in cui mi preparavo per questo evento.
Sono passati dieci anni. Altre cose, eventi di cui abbiamo magari già trattato nelle puntate precedenti, potrebbero aggiungersi alle righe che seguono, ma se avete iniziato a frequentare i miei bordeggi in modo presente alle mie parole, dovrebbe esservi diventato via via più chiaro che quando sottolineo qualcosa, sottolineo anche che la tal cosa non è a sé stante, ma l’effetto più o meno manifesto, grave e evidente di uno specifico aspetto.

Potrei dire che il tronco, i rami, le gemme, le foglie, i fiori, i frutti e i semi sono gli effetti del seme di quello specifico albero che è stato piantato 15 anni fa, che so?, un melo.
Non mi servirà evocare quel seme o quel tronco ogni volta che nomino una gemma di melo, o dire che la mela che ho raccolto è l’effetto manifesto più significativo di quel seme piantato 15 anni fa, né che fiori, foglie, e rami possono essere tra loro misurabili tra minori e maggiori: la loro natura, sarà comunque quella del melo.

Ecco cosa intendo quando dico che spesso un male che appare piccolo - umiliare una donna, ad esempio - o un male grande - come il femminicidio - hanno comunque la stessa natura e radice.
Ed ecco perché dovrebbe essere sempre nostra attenzione e cura osservare quali semi spargiamo ora per raccogliere effetti migliori sempre più numerosi e dilaganti in futuro.
Tornando alla mia lettera, potrei farcirla di dettagli più recenti, di cronache attuali, ma non ne cambierei la natura, anzi: probabilmente la farei apparire ancora più greve, quando in realtà, anche se per me così doloroso e irreversibile, questo fatto per quanto personale è e rappresenta la più grande e la più forte azione di protesta che io abbia mai compiuto nella mia Vita.

“7 maggio 2007
Eccomi qua. 
A fare i conti con me stessa e con il resto del mondo.
Ho deciso. Con una tristezza mortale, ho deciso.
Entro stasera ciò che rende donna una donna, non mi apparterrà più.
Il mio ventre sarà sterile e silenzioso
...e probabilmente le lacrime scenderanno copiose.
Niente più burrose manine che si protenderanno verso di me, niente più gorgheggi allegri e trilli entusiasti per la scoperta di nuove cose, niente più sguardi colmi di fiducia incondizionata, niente più lacrime da asciugare per la sconfitta di un passetto non riuscito...

Come mi mancherà poter rivivere tutte queste cose! ... e il primo giorno di scuola, e la prima cotta, e le prime aspirazioni e le grandi prove della vita, e il primo amore e...e...e...non basterebbe un libro intero a descrivere ciò a cui sto rinunciando.

Ma ciò che davvero conta per me è raccontarvi perché ho deciso di privarmi per sempre della possibilità di essere altre volte ciò per cui la Natura mi ha creata: Madre.
Mentre scrivo, mi chiedo se sia più egoista generare un figlio o impedirsi di generarlo.
O se sia la “Vita” stessa, intesa come immane entità, la vera egoista, incurante di come i figli giungano al mondo, purché arrivino e Lei non si estingua.
Io  sono una dannata romantica, assetata di poesia e armonia. E adoro i bambini: venero l’innocenza, la purezza dei sentimenti e l’incanto della scoperta.
Non mi costa nulla un sorriso o offrire una spalla su cui piangere per poi cercare di infondere forza per i giorni a venire.
Mi fermo ancora sul ciglio di una strada per farmi rapire dall’eccezionalità di un tramonto e sentire che anche la mia anima si espande riempita da quella magia.

E dunque non posso.

Non posso permettere che una mia eventuale debolezza emotiva mi induca a trascinare in questo mondo un’altra creatura, inerme, innocente, vergine.

C’è troppa violenza in questo mondo. 
E più grave di essa è la superficiale indifferenza in cui mette radici.
Da dove cominciare per parlare di questa palude in cui arrivano i bambini?

Non credo che chi desidera un figlio lo metta al mondo con l’intento di farlo soffrire o di abbandonarlo: è solo inconsapevole, fino al momento in cui  viene sopraffatto e si arrende, che in troppe situazioni il genitore è “solo contro tutti”.
Da dove cominciamo? Perché non dagli asili? Non è di molto tempo fa la notizia dei bambini drogati e molestati, quando in quelle strutture dovrebbero essere accolti e protetti come da una proiezione della madre stessa!
O a casa dell’amichetto che a sei anni gira con un piccolo serramanico tra le mani e il padre trova questo del tutto normale.
O a scuola, dove insegnare non è quasi più un valore, dove i bambini non devono esprimersi per le loro peculiarità ma omologarsi impersonalmente covando rabbia e aggressività, dove non c’è ascolto alcuno, dove non si tiene in considerazione la richiesta d’aiuto del bambino o della famiglia, dove è più comodo richiedere un insegnante di sostegno o consigliare pastigliette, sempre che di nuovo non si incontri il grande e osceno spettro della pedofilia!

E gravissimo è il fatto che spesso, troppo spesso, coloro che umiliano, feriscono e stuprano siano proprio coloro che rivestono il ruolo di tutori.

E la televisione? Dove collochiamo questa nuova governante dispotica e provocatoria, fredda e distaccata ma comunque crudele e apparentemente inalienabile? In nome di una libertà che così gestita è di per sé un abuso è stata censurata la censura, dimenticando che la propria libertà non deve ledere la libertà degli altri. 
Ogni giorno, a tutte le ore, vengono proiettati film e telefilm in cui violenza, sessismo, abusi, tradimenti, crudeltà e menzogne sono gli ingredienti più usati. 
E questo non è intaccare con la propria deviata libertà di espressione la libertà di crescere e formarsi gradatamente, con valori più umani? 
Non si considera mai che il cervello assorbe le emozioni incapace di distinguere se esse sono frutto di realtà o di finzione.  
Modelli assurdi ripetuti all’infinito che penetrano nelle menti e nei cuori  fino a diventare “normali”: perversioni travestite da normalità, dimenticando che “normale” non è sinonimo di “giusto”. 

Nessuno si è ancora chiesto perché negli anni passati i bambini giocavano a “mamme” o al massimo ai “dottori”, mentre oggi il gioco è l’aggressione, e poco dopo lo stupro di massa, la ripresa e diffusione di “atti osceni”? Ma quali “atti osceni”!
Basta accendere la televisione dopo una certa ora o navigare in internet per essere sommersi di “atti osceni” non richiesti! Che ipocrisia! 
Allora, sono o non sono “atti osceni”?  E se lo sono, perché sono liberamente diffusi? E se non lo sono, perché vengono poi condannati quando emulati?

Io ricordo invece sacri momenti  in cui le voci degli anziani sussurravano: “Sssh, non davanti ai bambini!”, e proteggevano con fermezza l’innocenza, il diritto alla fantasia, la raccolta del frutto secondo la stagione, il dono prezioso del saper attender e desiderare...
Ora la poesia viene disattesa continuamente, se non derisa o umiliata. L’essere sensibili è una vergogna.
E ”fare l’amore” non si dice nemmeno più: adesso quando si è educati si dice “far sesso”, ed è qualcosa di così accessibile e banale come bere una birra! Non a caso scelgo l’espressione “bere una birra”, poiché è questo ciò che si fa: bere acqua, si sa, arrugginisce! E poco conta se poi la gente s’ammazza preda dell’alcol e della  velocità, perché anche questo è uno status symbol, correre in tutto e per tutto.
Si venderebbero forse meno auto se queste fossero impossibilitate ad andare oltre i 130 km/h?
Io non credo, così come non credo che sia impossibile divertirsi senza bere alcolici, così come invece credo che fermarsi di tanto in tanto a godere dell’attimo, ad assaporarlo sia gratificante e ed estremamente benefico. 
Ma chi non gode dell’arricchimento del passo lento e del momento raro, come può ancora fare l’amore? Come può sentire battere il cuore fino a scoppiare allo scambiarsi del primo bacio? 
E come può sentire il respiro che si ferma, la bocca secca e il cuore che fa un battito al minuto per l’emozione della “prima volta”, di ogni “prima volta”, se tutto è già stato intaccato dal disincanto, diventando scontato, già visto, già raccontato e dimostrato e documentato? 

Ho letto ieri di baby-prostitute, bambine che “scelgono” di vendersi in locali per giovanissimi, gestiti da persone di poco più grandi...
Che sentimenti possono coltivare dentro di loro? 
E chi sono coloro che tacciono sapendo?
Dov’è il rispetto, la considerazione dell’individuo, la volontà di “investire” per un mondo migliore?
Perché il fine ultimo di tutto dev’essere solo il sesso egoistico e fine a se stesso o il denaro?
E davanti alle gratuite violenze perpetrate dal “branco” come dovrei comportarmi?
Cosa dovrei lasciare che mio figlio imparasse? Che il “diverso” è un nemico? E se il diverso fosse lui?
Dovrei incoraggiarlo a nascondere le sue verità per non venire deriso o picchiato? 
E se fosse una diversità evidente, magari un handicap? Cosa dovrei farne? Abortirlo dopo un’amniocentesi, o abbandonarlo in un orfanotrofio o lungo una strada? 
...e se lo concepissi con un bellissimo negro e la pelle ne fosse la spudorata testimonianza...?

E poi dovrei anche insegnargli che esiste la “gente per bene”. Famiglie di mera apparenza, i cui componenti rivestono magari cariche importanti, considerate e rispettate socialmente, ma che si arricchiscono con la morte: industriali delle armi, ad esempio, oppure che riciclano denaro sporco o nascondono rifiuti tossici e poi magari fanno tanta beneficenza! 
E in mezzo a questo indiscutibile veleno caotico, come potrei, ditemi, come potrei fargli davvero capire cosa è giusto e cosa no, chi sono i “buoni” e i “cattivi”, quale sia la vera forza - che risiede nell’anima e non nei muscoli - e la debolezza - ben mascherata dietro atti di violenza e di sopraffazione - ?

Fra qualche ora chiuderò gli occhi, mani sconosciute scaveranno nel mio ventre, ignare della vera ferita che staranno aprendo dentro il mio cuore e nel mio futuro...
In realtà non so nemmeno se mi risveglierò: non sempre gli interventi, per quanto banali, hanno esito positivo. 
Ma questa eventualità non è per me grave quanto correre il rischio di diventare così folle da concepire un altro figlio e offrirlo, innocente, a questo mondo.”
                                                                                             
                                                                                                             eli the worst 



Cara Elena, il tuo scritto è molto intenso e ricco di umanità.
Mi piace come ti esprimi, sebbene con molta tristezza: forse
è il viversi le cose con passione che ci fa dire così profondamente.
Poche cose conserva e sempre meno, il tuo zio settantenne...
e fra le poche questa tua pagina.
Spero che il tuo breve ricovero non sia per qualcosa di grave
(intendo fisicamente), e che tu ritorni alla tua vita, nonostante
il trauma, alla tua vita normale, vicino alla tua Dorothy.
C'è un bel passo del Teeteto di Platone (te lo invierò) dove si parla
di due forme di “portare alla luce”: una partorendo un figlio da un
corpo e l'altra partorendo le cose dell'anima dalla mente. In fondo,
a quanto sembra, tu hai avuto e hai entrambe le doti.

             Sappimi dire.                                                                                      
                                                             Cesare (*)

(*) Prof.Cesare Padovani, autore di molte conferenze e libri, tra i quali “Paflasmos - il battito del Mar Egeo”,  “Da Uomo a Uomo: racconti”, “A partire da Ippocrate”












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