Paflasmòs

martedì 12 settembre 2017

Clicca e ascolta "QUANDO ESERCITARE UN DIRITTO DIVENTA UNA VIOLENZA." Condividi "Bastiàn Contrario"

04/09/17
27a Puntata: 
Radio Pirata - la Radio nella Radio
presenta:
Bastian Contrario_Quando esercitare un diritto diventa una violenza
Radio Pirata - la Radio nella Radio in onda su www.yastaradio.com
al Lunedì ore 19.00
in replica al Giovedì e al Sabato alle 11.00

Bastiàn Contrario:
"QUANDO ESERCITARE UN DIRITTO DIVENTA UNA VIOLENZA."
per l'ascolto clicca QUI

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Insomma, sembra che i doveri vadano sempre rispettati se lo devono fare gli altri, senza un minimo di empatia, di compassione o di comprensione, ma che usurpare il diritto di un altro o godere di benefici che non ci competono e comunque a scapito di ignoti, sia invece qualcosa per la quale sentirsi baciati dalla fortuna...


Siete pronti, cari Pirati di Radio e di Terra, a mollare gli ormeggi e seguirmi nel mio consueto bordeggio nel quale quasi non sappiamo da dove partiremo, ma soprattutto, non sappiamo dove approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?
Bene, salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi... 


Sono sempre più consapevole che esiste un divario tra la mia visione delle cose e il mondo che mi circonda: forse più che Bastiàn Contrario, dovevo intitolare questa rubrica “La scialuppa della disadattata!”

Insomma, cari Pirati all’ascolto, io ci provo ad andare in giro, scendere da questa nave e guardare quel che accade intorno, ma proprio non mi riesce di riconoscermici, di trovare uno spazio concreto in cui sentirmi a mio agio, in cui dire “va tutto bene”!

Pochi giorni fa ad esempio, mi sono trovata per far commissioni in zona ospedale a Borgo Roma: nel grande parcheggio saturo di auto ferme a motore acceso aspettando che qualcuno lasciasse libero il posto tenacemente atteso, c’era effettivamente una piccola macchina, parcheggiata in modo irregolare. Si vedeva però che chi l’aveva lasciata in quel luogo aveva cercato di ingombrare il meno possibile, di permettere a tutte le possibili manovre altrui di essere praticate e, per quanto oggettivamente in parte sulle strisce pedonali INTERNE al parcheggio stesso, il varco che lasciava aperto era comunque superiore a quello presente nel passaggio successivo dello stesso parcheggio.

Non sia mai! Un pesciolino nel grande mare delle multe possibili!!! Ma scherziamo? E vogliamo che chi di dovere si perdesse l’occasione di andare fino in fondo con la multa?
Ripeto: non sia mai! 
Purché si resti nelle righe, possono bloccarti con i motorini incastrandoli dietro la tua auto e impedendoti di fare manovra e uscire dal parcheggio lineare, possono parcheggiare così vicino che manco una biscia possa infilarsi nella portiera pretendendo da te che entri nella tua auto dal bagagliaio, purché sempre nel rispetto delle righe disegnate sull’asfalto - e non sto fantasticando: sono stata vittima io stessa di questi abusi di parcheggio! - MA... ma non puoi occupare trenta centimetri di strisce impunemente! 


Che, tra l’altro, mi piacerebbe sapere quale essere umano abbia una sezione fisica del diametro superiore ai due metri per non riuscire a passare da quell’ampissimo pertugio!


E’ ovvio che non sto puntando a un mondo anarchico e di sopraffazioni, ma porca miseria, esisterà ancora un po’ di buon senso, di sensibilità, di empatia, da qualche parte?

Io, è vero, non so quale sia stato il motivo che ha indotto quella persona a parcheggiare fuori dai posti segnati, e -ripeto!- in modo comunque così attento e minimo, ma: 
- siamo in zona ospedale
  • siamo in orario di punta
  • la donna è sulla quarantina: data l’età e l’aspetto un po’ trafelato si può anche pensare che sia in quell’età in cui tutto, ma proprio tutto, potrebbe essere sulle spalle di una donna: dalla casa, ai figli, al trasporto dei vari famigliari, al lavoro o la propria attività, ai propri genitori quando non anche ai suoceri, e magari c’è di mezzo anche la propria salute... nessuno di noi conosce il suo vissuto.
Per le congetture appena fatte, ed escludendo la volontà di recar danno o approfittare di qualcosa, data appunto la cura evidente di quel parcheggio, a me si sono aperte in una rosa molte possibili motivazioni per aver trasgredito con evidente rischio di multa, il codice della strada:
  • questa Signora avrebbe potuto aver avuto i minuti contati tra l’uscita dal lavoro, la visita da fare e il bimbo da andare a recuperare all’asilo.
  • questa Signora ha trovato traffico e malgrado la buona volontà non è riuscita ad arrivare in tempo per conquistare quel maledetto posto in cui parcheggiare per il quale a volte si aspettano anche 20 minuti...
  • questa Signora - fortunata lei - abita in un piccolo centro e non è avvezza alle congestioni del traffico cittadino specie in prossimità di un ospedale.
  • questa Signora ha ricevuto una notizia tragica e la sua presenza al capezzale di qualcuno in quel preciso momento non era posticipabile nemmeno di un minuto...
Ecco, è certo che se io fossi stata la persona preposta a multare, mi sarei occupata più di quelli che occupano i posti in modo così “comodo” da usufruirne 2 alla volta, mi sarei occupata con un certo piglio di far rispettare i posti per i portatori di handicap, così spesso abusati da chi li occupa con vera prepotenza o da chi pur avendo il lasciapassare per necessità familiari, si fa scudo di quel quadratino di carta per parcheggiare indiscriminatamente sui luoghi preposti anche quando va a fare l’aperitivo con l’amante di turno...
e anche questa è storia vera, nulla di fantasioso.




Comunque, non è la legge che sto discutendo e nemmeno, alla fine, chi la esercita: sono gli atteggiamenti dei passanti che mi lasciano basita: nessuna compassione, nessuna giustificazione, nessuna apertura a un “possibile” che fosse diverso dall’intento di aver tentato una furbata andata male.


Ecco, di questo, io non mi capacito! 


Non mi capacito - e mi rifiuto strenuamente di farlo! - che non ci sia quel minimo di apertura necessaria per mettersi nei panni degli altri, in situazioni che siano eccezioni ad una logica valida se, appunto non ci sono situazioni eccezionali!


Sentivo alla radio il resoconto di una morte annunciata in un ospedale, mi pare, di Palermo: un medico e due infermieri indagati per negligenza.
In breve, un Signore con un infarto in corso accompagnato da un volontario del 118  in auto e non in ambulanza  perché non disponibile in quel momento, che pur avendo allertato telefonicamente l’ospedale non ha trovato nessuno ad accoglierlo, né una lettiga, né una sedia a rotelle.
Ma la cosa sconvolgente, nella quale appunto riscontro lo stesso atteggiamento annichilente, è che gli unici due infermieri presenti si sono rifiutati di assistere quel Signore uno perché dava la priorità ai documenti e alle prassi burocratiche, l’altro perché non era presente il medico in Pronto Soccorso. 


L’uomo è morto.


Sono davvero sola nel pensare che sia importante a volte, prendere le regole e ficcarsele ...in tasca? 
Riconoscere che la Natura della Vita è nell’imprevisto?
Che per quanto possa apparire giusto e doveroso creare regole che equilibrino in modo fittizio gli aspetti che ci accomunano, queste regole non debbano mai superare la contingenza degli eventi?

In una situazione del genere, non mi stupirei di vedere in essere il paradosso del Vivo che viene ucciso perché dai documenti risulta essere Morto!
Sarcasmo a parte, ma davvero queste regole devono essere così inflessibili?
A fronte di un incendio, ad esempio, dovremmo stare lì a compilare moduli invece che correre a perdifiato per essere più rapidi delle stesse fiamme che è necessario spegnere? ...e se, a prendere la nostra chiamata, mentre la casa va in fiamme con tutto - ma proprio tutto - ciò che ci è più caro, ci fosse una persona che ci mette in attesa perché è scattata la fine del suo turno e giustamente sarebbe libera di andarsene, anche se chi sta per coprire il turno successivo non fosse ancora operativo?

Ci rendiamo conto di quanto l’atteggiamento di essere sottomessi e aderenti in modo acritico alle regole, possa essere deleterio di volta in volta per tutti?


Non sono le situazioni in se stesse - quelle sono solo manifestazioni - ma l’atteggiamento mentale con cui si affrontano: la varietà delle situazioni in cui viene posto in essere questo atteggiamento fiscale, meccanico e omologato, fa da cassa di risonanza, amplificandolo più o meno in base alle circostanze: ma la natura di questi tipo di mentalità rimane sempre la stessa nella sua essenza.

E’ lo stesso atteggiamento di chi se la prende comoda facendo all’ultimo giorno quello che avrebbe potuto fare in un anno, incurante dei disagi che può creare ad altri, solo perché la legge permette un tempo massimo di un anno... 
E’ lo stesso atteggiamento che tutela il medico quando, a fronte di un errore tanto grave  quanto umano, anziché partecipare al dolore di chi è stato vittima del suo errore, si nasconde dietro una liberatoria...
Lo stesso di chi si fa forte dietro a una scrivania di Equitalia, e riesce pure a guardarsi allo specchio malgrado il proprio lavoro...
Lo stesso di chi, davanti all’impossibilità di incassare la sola e ultima rata del mutuo di un acquirente, esercita il diritto/potere di considerare nulli tutti i precedenti pagamenti mandandolo in rovina...


Lo stesso di chi, può permettersi di non aver fatto quello che sarebbe stato dovuto umanamente e immediatamente per le vittime dei recenti terremoti...


Io...io non lo so, ci deve essere qualcosa di profondamente anomalo in me, devo essere uno scherzo della Natura, una sua aberrazione se vedo in modo così chiaro, così trasparente, così cristallino che il BUON VIVERE non è frutto delle regole, delle punizioni e delle costrizioni che, ANZI!, avviliscono, frustrano, fanno arrabbiare, incattivire, fanno venire ancora più voglia di reprimere gli altri per pareggiare i conti!
A me non serve il timore dei punti patente per sapere di non bere prima di guidare: so benissimo che posso essere pericolosa per me stessa, ma anche per gli altri. Non mi basta avere la ragione delle righe di un parcheggio, se vedo che per quanto regolare, la mia posizione impedirebbe al proprietario dell’auto già parcheggiata di salire senza fatica, lo so già da me che se ho un carrello pieno e la persona dopo di me ha due cose in mano posso fare un passo indietro e cederle il mio posto alla cassa del supermercato, lo so da me che se vedo dal medico dei bambini, malati o no che siano, e se non ho impegni precisi, posso farli passare avanti a me...


Non mi basta avere un diritto per esercitarlo a tutti i costi, quando il mio diritto diventa in qualche modo una violenza nei confronti di un Altro!



La leggerezza e la libertà di un diritto dovrebbe abitare anche nella possibilità di non esercitarlo...e soprattutto di comprendere che potrebbe manifestarsi anche per noi, e non sempre e solo per gli altri - presunti rei di inalienabile opportunismo - la necessità di ricevere sostegno e comprensione!


Che poi non si capisce bene perché, nella situazione opposta, ossia quando qualcuno opera una cortesia, un favore, un vantaggio non dovuto, nessuno rifiuti questa irregolarità: dai, ditemi in quanti, davanti, che so?, alla possibilità di infiltrarsi gratis e in buona fila a un gradito spettacolo in Arena, direbbero “No, grazie, sai: non è un mio diritto, preferisco pagare!”, oppure se preferirebbero pagare una multa meritata nella non auspicabile ipotesi che un funzionario si offrisse di cancellarla, o se per chissà quale via non si dovesse rispettare la trafila per l’appuntamento della revisione, del gestore del gas, della visita importante, della graduatoria scolastica!



Insomma, sembra che i doveri vadano sempre rispettati se lo devono fare gli altri, senza un minimo di empatia, di compassione o di comprensione, ma che usurpare il diritto di un altro o godere di benefici che non ci competono e comunque a scapito di ignoti, sia invece qualcosa per la quale sentirsi baciati dalla fortuna...


A volte mi chiedo perché io debba avere così radicato in me questo sentimento di comprensione e di giustizia, questa istintiva tendenza a non passare mai avanti a nessuno cercando piuttosto di far si che, magari un po’ strettini, si possa stare a proprio agio in modo collettivo, anche in due sulla stessa sedia, se altri posti non ci sono!

Mi è capitato anche al ristorante di invitare, se così si può dire, estranei che aspettavano un posto a sedere, a dividere con me e mio marito un tavolo sufficientemente grande. E non è che ci sia stato rubato qualcosa, eh? Anzi! Abbiamo passato una serata insolita e piacevole con due persone nuove, abbiamo scoperto di avere amici in comune e ricordi condivisi. Ma se anche non ci fossimo rivolti la parola, cosa che non sarebbe stata obbligatoria, io e Gabriele avremmo continuato la nostra cena, con le nostre sedie sotto i nostri bei sederi, pagando le nostre gustose portate prima di andar via dal ristorante...


A farla breve, cari Pirati, il mio bordeggio, gira che ti rigira, torna sempre a guardare al centro, quel centro nel quale vedo sempre e comunque la consueta soluzione a tutti i mali che ci affliggono: quel sentirsi parte, quel sentirsi pari, quel sentirsi uguali, senza migliori e senza peggiori: semplicemente umani con tutte le nostre imperfezioni che dovremmo iniziare a riconoscere come amabili e non più inammissibili e inaccettabili, con le nostre fragilità e con le nostre mancanze che ci accomunano per quanto cerchiamo di nasconderle dietro paraventi di efficienza e organizzazione, con i nostri alti e bassi nei quali poterci scambiare nella funzione di sorreggere o essere sostenuti a nostra volta...perché, e non si capisce bene come sia, alla fine sono proprio i momenti un cui condividiamo un bisogno quelli in cui creiamo i legami più forti e profondi...


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