Paflasmòs

lunedì 6 marzo 2017

Clicca e ascolta "RESTITUITECI I POSTI DI LAVORO CHE CI AVETE RUBATO" Condividi "Bastiàn Contrario"

06/03/17
1a Puntata: 
Radio Pirata - la Radio nella radio presenta:

Bastiàn Contrario:
"RESTITUITECI I POSTI DI LAVORO
CHE CI AVETE RUBATO"

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Ed eccomi approdata a Radio Pirata. Oggi, Bastian Contrario, reclama con lo slogan “Restituiteci i Posti di lavoro che ci avete rubato”!
Da qualche anno assisto, basita, a un continuo tentativo di lanciare e rilanciare centri commerciali ed edilizia al grido “Creiamo nuovi posti di lavoro per contrastare la crisi ”Ecco: già questo è il paradosso nel paradosso: si lamenta una forte mancanza di disponibilità economica e cosa si propone? Di incentivare gli acquisti. Logica ferrea, direi. Anzi, inossidabile!
Riflettendo, io mi chiedo spesso quanto poco possa essere lungimirante, sotto tutti i punti di vista, una proposta di questo genere. 
Ammesso che si possa spendere più di quanto si dice, che capacità di assorbimento può avere ciascun acquirente? 
Quante camicie può indossare una persona, quanti libri può leggere, quanti quadri può appendere?
Insomma, ci sarà prima o poi una saturazione se non dell’avidità, almeno dello spazio utile di una casa?

Se poi prendiamo in considerazione anche l’aspetto ecologico...beh, a me vengono i brividi: intanto CONSUMISMO.
Avete mai pensato al significato di questo termine? 
Consumare, significa esaurire, finire qualcosa.
Cosa consumiamo per ogni oggetto inutile e superfluo che acquistiamo? Materie prime, denaro e tempo. Il tempo è il nostro: quello che dedichiamo a lavorare per acquistare qualcosa che ci sembra indispensabile - anche se dovessimo sapere a priori che  ne faremo uso una sola volta nella vita.
Inoltre, si userà il nostro tempo per andare, scegliere e poi curare e conservare quella tal cosa, a prescindere appunto, dalla sua importanza.

Se poi aggiungiamo le domeniche aperte... Che vi devo dire? Io preferisco evitare accuratamente di andare. Sarà che ricordo quanto fosse importante per me la domenica libera quando ero ragazzina, per trovarmi con tutti i miei amici per andare a ballare o a fare qualche gita, o in alternativa per stare con la famiglia quando ci si ritrovava con tutti i cugini che abitavano lontano...
Ma al di là di queste nostalgie personali, davvero i negozi vendono di più? Davvero se ho bisogno di un libro, ne compero due trovando aperto anche alla domenica? Non credo proprio. Credo piuttosto che si sprecheranno più energia elettrica per illuminare, per scaldare o refrigerare a seconda dei periodi, più detersivi per effettuare una pulizia in più dei locali. E credo che molte cassiere e molti commessi preferirebbero avere almeno la libertà di scegliere se lavorare o meno la domenica.

Aggiungiamo pure che, con le domeniche aperte, l’aria già così inquinata, non avrà nemmeno un giorno alla settimana per alleggerirsi un po’.
Non saranno ulteriori spese mediche che graveranno sulla comunità?

Riprendendo con l’aspetto urbanistico, davvero abbiamo bisogno di altri mostri di cemento e asfalto sparsi ovunque? E tutti quei capannoni dismessi e abbandonati? Se proprio servono spazi, non varrebbe la pena di rigenerare quelle strutture che rubano territorio e disturbano la vista per la loro fatiscenza?
E ancora strade e rotonde e ingorghi prevedibili e dannosi per la salute?

Non lo so, a me sembra tutto alla rovescia: questi posti di lavoro, che si identificano con la costruzione, l’arredamento, l’allestimento, lo stoccaggio e la vendita di beni di consumo, hanno dimostrato spesso di essere buchi nell’acqua: non è la prima volta che le strutture non arrivano ad essere concluse, o che le ditte escono con denari che non rientrano e non pagano i propri operai mettendo in difficoltà anche le loro famiglie, o che specifici  magazzini aprono e chiudono nell’arco di un anno...

Non è assolutamente vero che a maggior offerta risponda un maggior numero di acquirenti!
Gli acquirenti sono sempre e solo quelli che più vengono dispersi nei vari punti vendite, meno introito possono apportare.

E’ vero, ho parlato solo di commercio, per non dilungarmi troppo. Ma era solo per fare un esempio di una mentalità che, a mio modesto e bastian contrario parere, è ormai radicata e reiterata pur facendo acqua da tutte le parti.

E se invece di commercializzare tutto o quasi, si riabilitassero e nobilitassero semplici lavori che per anni hanno dato da mangiare a tante famiglie?
I bigliettai in stazione, ad esempio...
Gli operatori dei centralini, anziché le voci preregistrate collegate a numerini...
I custodi dei parcheggi...
I portinai dei grandi palazzi...
I fornitori di panini nelle scuole, anziché i distributori...
I benzinai, anzichè i selfservice...
Camerieri anzichè maxi tablet per ordinare i pasti in certi luoghi...

E negli ospedali? E’ davvero importante che le strutture siano rivestite di marmi pregiati, che i display siano computer di gran marca, che aria condizionata e riscaldamento vadano in maniera preimpostata e estrema indipendentemente dalle reali necessità, o sarebbe cosa migliore e più umana sia per i pazienti che per lo staff, se venissero assunti più operatori, se i turni fossero più umani e se il numero di persone da accudire fosse sostenibile?

E se tornassero ovunque i magazzinieri, anziché robottini che si aggirano a costo quasi zero per preparare gli ordini di certe aziende che vendono online?

Quanti lavori sono stati sostituiti dalla robotica e dall’elettronica?

Non ci sono più disoccupati di un tempo, a mio parere: ci sono solo troppi posto occupati a costo quasi zero dai macchinari.
Ho lavorato in una ditta tessile, anni fa.
Ciascuna tessitrice accudiva una delle 10 batteria di 12 telai funzionanti 24 ore su 24. Quanto sarà costato ciascun telaio? Quanti metri di stoffa saranno stati prodotti per ammortizzare il loro costo? E quanti per coprire le spese elettriche del funzionamento? 
Quante operaie avrebbero potuto fare un lavoro più pregiato, più umano meno assordante se si fossero usati telai manuali o almeno semiautomatici?
Ma al giorno d’oggi si da da lavorare alle macchine.

E quando si parla di  piccole attività, si sentono dire spesso cose piuttosto crude e di scarsa insensibilità del tipo “Se non ci sta dentro, è giusto che chiuda.”
Ah si? Perché, secondo voi, un negozietto ha lo stesso potere di trattativa di una grande catena, o la ditta a conduzione familiare ha le risorse per poter competere con personaggi che di mestiere fanno gli azionisti?

Ogni volta che decidiamo dove spendere anche un solo euro, pensiamo a queste cose.
Scegliamo le persone e non le macchine: così facendo potremo poco a poco cambiare le cose e avremo il privilegio di regalare o ricevere un sorriso, sentendoci più belli e più ricchi dentro. 










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